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Affido esclusivo dei figli al padre

Affido esclusivo dei figli al padre

La legislazione italiana tende sempre ad affidare i figli minorenni ad entrambi i genitori. Essa intende infatti tutelare il rapporto affettivo dei figli, che deve essere coltivato sia con il genitore con cui andranno a convivere, solitamente la madre, sia con il genitore che si allontanerà dal nucleo familiare. Esistono però delle circostanze in cui il giudice decide di affidare la prole esclusivamente al padre. In questo caso si parla di affido esclusivo.

L’affido condiviso è la prassi in caso di divorzio

Quando due genitori si separano o divorziano, il giudice si preoccupa soprattutto del benessere dei figli minorenni, a cui spesso è concesso di rimanere nella casa in cui sono cresciuti insieme alla madre. Questa decisione si basa sulla considerazione che la madre ricopra un ruolo centrale nell’educazione dei figli. Allo stesso tempo però ai figli viene garantito di coltivare un rapporto con il padre, secondo tempi e modalità decisi dal giudice.

I genitori rimangono entrambi presenti nella vita dei figli e sono entrambi tenuti a farsi carico della loro responsabilità genitoriale, partecipando attivamente alla loro educazione e prendendo di comune accordo le decisioni più importanti che li riguardano (in caso di disaccordo, interviene il giudice).

L’affido esclusivo come misura straordinaria

Ma ci sono delle circostanze in cui il giudice può decidere di affidare i minori soltanto al padre. Questo avviene quando la madre assume dei comportamenti che vanno contro il benessere dei minori e ne compromettono una crescita sana ed equilibrata.

L’affidamento esclusivo dei figli minori è regolato dall’art. 337 del codice civile. L’affidamento esclusivo deve essere sollecitato dal genitore che intende farsi carico dell’affidamento esclusivo dei figli. Questo però non comporta un’esclusione totale dell’altro genitore, che ha comunque voce in capitolo in merito alle decisioni più importanti che li riguardano. Tale genitore può anche rivolgersi al giudice quando ritiene che il genitore affidatario abbia preso decisioni pregiudizievoli nei confronti della prole.

Le cause che possono spingere il giudice a togliere l’affidamento alla madre sono varie, tra cui:

  • alienazione parentale: si verifica quando il genitore affidatario esercita sui figli pressioni psicologiche al fine di mettere in cattiva luce l’altro genitore; il genitore affidatario ha sempre l’obbligo di favorire i buoni rapporti tra i figli e il genitore non affidatario
  • inidoneità educativa: si verifica quando il genitore affidatario si dimostra disinteressato nei confronti dei figli e incapace di provvedere alle necessità affettive degli stessi
  • maltrattamenti: consistono in comportamenti messi in atto dal genitore a scopo intimidatorio o vessatorio come le minacce, le ingiurie e le umiliazioni
  • conversione religiosa: il giudice può togliere la tutela alla madre anche quando essa si converte ad una nuova religione che inficia il regolare processo di socializzazione dei figli

 

Articolista e copywriter freelance, amo scrivere dei più svariati argomenti. Sono un’appassionata di fotografia e video.